pesami l'anima documentario sul corpo delle donne

Pesami L’anima, che peso diamo alla bellezza?

Mi porto nel cuore questo cortometraggio documentario da tanti anni, da quando l’ho conosciuto. Da donna sono sensibile alla tematica del corpo delle donne, così legato all’autoaccettazione ancor prima che all’accettazione sociale. Il corpo delle donne, specchio spesso indesiderato dell’anima femminile, tela sulla quale si soffermano gli occhi e i giudizi dei più, schermo dentro il quale penetrano poi rifrazioni complesse di sentimenti difficili da leggere, comprendere, accettare.
Quattro donne vengono indagate dalla macchina da presa e svelate dal linguaggio cinematografico. Invitate a confrontarsi, si guardano e si lasciano guardare concedendoci di camminare con loro nella loro intima relazione con il proprio corpo.

Documentario breve della giovanissima Teresa Iaropoli, che racconta la storia di quattro donne – Valentina, Francesca, Giulia e Letizia – che hanno dovuto affrontare un discorso su se stesse e con se stesse, riguardo il loro corpo e il rapporto che esse avevano con lui.

La voce di queste testimonial del corpo è ferma e serena.
Corpi nudi in posa su sfondo nero si muovono lentamente, si toccano con le dita la pelle, la telecamera indaga i segni, le tracce di esperienze di vita diverse da quello che conosciamo solitamente rappresentate dagli schermi.
Le storie che s’ascoltano sono storie di donne che ce l’hanno fatta.
Hanno combattuto una lotta contro se stesse, contro le aspettative di cui il mondo le aveva gravate, eppure non ce l’hanno con la società, non provano rabbia contro quella convenzionale visione della bellezza, del “giusto” modo d’essere accettabili che le ha fatte soffrire tanto. Così tanto da coprire specchi, da nascondersi dentro vestiti abbondanti, da sfuggire gli sguardi, da annullarsi come persone, da procurarsi lesioni consapevolmente, da vomitare il cibo appena ingoiato, da temere i giudizi.
Hanno combattuto, portano le ferite delle loro guerre e adesso ci ridono su. Ridono di quello stesso mondo che le ha costrette alla lotta. Di quello stesso mondo che ancora lotta. Mentre loro sono oltre.

E quando cerchi, se non rimani fissato sulle sconfitte, le occasioni arrivano. E per loro, un altro mondo si è affacciato.
La cosa che (mi) colpisce di più, che (mi) fa comprendere bene quello che è stato il loro processo di spostamento della comprensione di se stesse, è che questo porto franco è stato quello dell’arte.

La cultura e la dimensione estetica non sono campi da lasciare fuori dalla propria sfera.
Ti aiutano a vederti in altri modi, in altri mondi.
Ti aiutano ad esprimerti, ed esprimendoti, a conoscerti.
Perché bisogna parlarsi.
Prima che parlare ad altri, bisogna parlare a se stessi, perché non ci conosciamo mai tanto bene quanto pensiamo.
E l’arte è un modo molto potente di ascoltarsi, di vedersi, di parlarsi.

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